mercoledì 31 ottobre 2012

JOE JACKSON IN CONCERTO A MILANO- 29 OTTOBRE 2012- TEATRO NAZIONALE

Premetto che ho visto Joe Jackson in concerto ben 7 volte prima di questa e che conosco alla perfezione la sua discografia, Joe è infatti il mio artista preferito da almeno 20 anni e i suoi concerti sono ormai diventati una sorta di appuntamento fisso per me (QUI SOTTO POTETE VEDERE 10 MINUTI DI VIDEO, con alcuni dei momenti più belli del concerto di MILANO). 

 
Detto questo passiamo alla serata di Milano del 29 ottobre che ci ha offerto un Joe Jackson in grande forma e allegro e aperto al suo pubblico come  non lo avevo forse mai visto fino ad ora.


 
Si parte con “It don’t mean a thing (If it ain’t got that swing)”, brano di Duke Ellington ma rifatto per solo piano e voce. Da subito Joe appare scherzoso e pieno di entusiasmo, si diverte e diverte il suo pubblico in una versione ludica ma incisiva del famoso brano di Ellington. Poi, piano piano, entra la band nella semi-oscurità del palco ed inizia “It's different for girls”, uno dei cavalli di battaglia nelle esucuzioni live del nostro Joe, ed è subito grande musica. Joe è ispiratissimo e in forma smagliante, suona il piano in modo favoloso e il gruppo che lo circonda non è da meno. Joe è seduto al suo pianoforte sulla sinistra palco. Al centro c'è il bassista/contrabbassista Jesse Murphy. Alle percussioni c'è Sue Hadjopoulos, che suona con Joe Jackson dal tempo dell'album capolavoro “Night and day” (1982) .. Alla batteria c'è il nero Nate Smith. Al violino c'è una stella del jazz, la nera Regina Carter che quando suona il violino ti strappa il cuore. Alla chitarra elettrica (chitarra che non compariva in un concerto di Joe Jackson dal “Volume IV” tour del 2003) c'è Adam Rogers. Alla tastiera elettrica c'è la polistrumentista e cantante Alison Cornell.

 
E così, 1, 2, 3!...Si parte!...Il terzo brano in scaletta è "Caravan" e viene dall'ultimo cd “The Duke” (album interamente di cover di Duke Ellington, ma talmente personalizzate da sembrare canzoni di Joe Jackson stesso). Il brano è valido e cantato da Alison Cornell, ed forse anche più riuscito della versione incisa in studio, ma c'è qualcosa che non riesce a convincermi del tutto... Ma ogni dubbio viene spazzato via dal brano successivo, un'ottima versione di “You can’t get what you want (Till you know what you want)”. Si prosegue con il vitale e divertente medley di “I’m beginning to see the light”/”Take the ‘A’ train”/Cotton tail” (sempre dall'ultimo cd “The Duke”). Joe canta molto bene e la band lo segue alla grande. Stessa cosa per la bella versione di “Mood indigo” (sempre dall'ultimo cd). Sempre da “The Duke” è anche il brano successivo, lo strumentale e divertentissimo “Rockin’ in rhythm”, con tanto di tuba, uno swing scatenato e ballabilissimo. 


Ma il vero momento da KO del concerto arriva con una versione splendida di “Invisible man”, dal bellissimo album “Rain” (2008) e questa versione è forse anche migliore di quella incisa per l'album in studio , che era l'album più minimale di Joe (solo piano, basso e batteria), qui invece abbiamo anche il violino di Regina Carter che fondendosi alla voce in falsetto di Joe Jackson ci porta in un'altra dimensione, ci porta ad un livello compositivo e di esecuzione talmente alto che ci si può solo inchinare davanti a questi signori che suonano davanti a noi.

 
Si prosegue con una versione senza infamia né lode di “Be my number two”, con Joe che resta solo al piano, ma ben presto tornano anche gli altri per una lenta “We can't live togheter”, brano che il nostro non suonava dal vivo dal lontanto 1986 (anno in cui il brano viene inciso – dal vivo - per l'album “Big World”). Brano di valore ma esecuzione un po' di maniera. Bella invece la versione del brano successivo, una “Hometown” che viene finalmente ri-arrangiata dopo anni e anni : Joe la cantava solo piano e voce, versione che io tra l'altro ho amato tantissimo, tanto da restare un po' deluso dal cambiamento di arrangiamento. Ma la nuova versione sembra molto interessante, con uno stuolo di archi a circondare la voce di Joe Jackson...Commovente.
Poi si torna all'ultimo dc “The Dule” con il medley “Perdido/satin doll”, che non mi ha entusiasmato ma che comunque scorre divertente e piacevole. Si prosegue con “The Mooche”, brano strumentale, sempre dall'ultimo cd. Bella versione e suonata alla grande.
Poi arriva il momento a mio parere più alto dell'intera serata, quello in cui Joe riprende alcuni dei suoi più grandi classici e li rifà con una convinzione ed un'ispirazione che mi hanno steso letteralmente al tappeto. “Another World”, “Target” e “Steppin Out” (riprese da “Night and day” del 1982, a mio parere uno dei più grandi album di tutta la storia della musica pop). “Steppin out” è addirittura rifatta in una versione molto simile all'originale inciso in studio, con tanto di ritmo serrato sostenuto da un synth elettronico. Musica straordinaria.
Il brano successivo è “It don’t mean a thing (If it ain’t got that swing)”, brano già rifatto ad inizio concerto ma solo per voce e piano, ora invece c'è tutto il gruppo a suonare dietro al grande Joe Jackson, che canta con gran gusto e divertimento e sembra che il Joe del tour di “Jumpin Jive” (album del 1981 in cui il nostro rifaceva classici jazz) sia di nuovo davanti a noi, vitale e divertito proprio come allora.
Il gruppo esce dal palco ma viene richiamato a gran voce dal pubblico e allora ecco i bis:
Is she really going out with him?” (brano tratto dal primo album, “Look Sharp” del 1979) è rifatta come se fosse suonata da una banda di paese, con piatti che sbattono uno contro l'altro e una tuba a tenere il ritmo. Versione davvero brillante ed ironica. Si prosegue con “Sunday Papers”, altro brano del 1979, rifatto alla grande da un gruppo che gira a mille e da un Joe Jackson ispiratissimo. Si finisce come al solito con “A slow song”, in una versione di grande bellezza con la quale Joe manda tutti a casa con la convinzione di aver visto qualcosa di più di un concerto, qualcosa che ti resta dentro, impresso nell'anima, musica che parla alla testa, al cuore, allo spirito, che ti entra dentro e non ne esce se non prima di averti lasciato qualcosa di indelebile, sensazioni che solo Joe Jackson può trasmette, musicista di immensa grandezza, raffinatezza, eleganza e genialità. Forse davvero il più grande musicista della storia della musica pop contemporanea (perlomeno degli ultimi 30 anni) e uno dei più grandi in assoluto. Nessuno ha saputo attraversare generi diversi come il punk, il rock, la classica, il jazz, la musica latina, il pop (e altri ancora) con la sua maestria, personalizzandoli, rendendoli suoi e restando sempre ad alti/altissimi livelli qualitativi.
 
 
Setlist:
“It don’t mean a thing (If it ain’t got that swing)” (solo version)
“It’s different for girls”
“Caravan”
“You can’t get what you want (Till you know what you want)”
“I’m beginning to see the light”/”Take the ‘A’ train”/Cotton tail” (medley)
“Mood indigo”
“Rockin’ in rhythm”
“Invisible man”
“Be my number two”
“We can’t live together”
“Home town”
“Perdido”/”Satin doll”
“The mooche”/”Black and tan fantasy”
“Another world”
“Target”
“Steppin’ out”
“It don’t mean a thing (If it ain’t got that swing)”
Bis:
“Is she really going out with him?”
“Sunday papers”
“A slow song”

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